Troppo intelligente per essere felice
- Stefania Fauda
- 22 ott
- Tempo di lettura: 2 min
Le fatiche di essere Plusdotato
Avete mai sentito parlare di Plusdotazione?
Si parla sempre di menomazioni, ritardi, mancanze, mentre poco spazio resta per coloro che tendono invece ad eccellere, con potenzialità cognitive sopra alla norma.
I più fortunati restano nell’ombra, mentre altri possono addirittura ricevere diagnosi errate, tra le più comuni ADHD e AUTISMO.
Questo non vuol dire che più disturbi non possano convivere in comorbilità, ma il rischio è di accendere i riflettori solo sul negativo, ad esempio l’iperattività, e lasciare invece nell’ombra le competenze eccezionali, siano esse un quoziente intellettivo sopra la norma o fervente creatività: insomma, come curare il dolore alla caviglia, incuranti del fatto che esso genera da un problema alla schiena.
Spieghiamoci meglio…
La plusdotazione non è un disturbo da diagnosticare, ma un termine ‘ombrello’ che raccoglie casistiche eterogenee: considerando l'approccio psicometrico, per un profilo di plusdotazione è necessario un Quoziente Intellettivo di 130 o superiore (il QI è il punteggio di intelligenza , che si ottiene con appositi test), mentre in un approccio più ampio è possibile individuare alcune caratteristiche comuni a queste persone, come intelligenza, persistenza e creatività.
Secondo gran parte delle definizioni abbiamo:
precocità e velocità (Harrison, 1977)
maggiore flessibilità e rapidità nel selezionare strategie di volta in volta diverse ed adeguate (Jensen, 1980)
prestazioni molto elevate nell'affrontare nuovi compiti e situazioni (Sternberg, 1982)
maggiore QI (Rogers, 1986)
maggiore efficienza mnestica e l'utilizzo di strategie basate sui processi attivi (Butterfield and Feretti, 1987)
maggiore variabilità nell'apprendere e nel saper trattenere informazioni in memoria (Howe, 1990)
Voi direte… che figata! Voglio anche io essere plusdotato!
Proprio qui però abbiamo il paradosso, da cui derivano molte diagnosi errate: queste persone, soprattutto i bambini, tendono ad annoiarsi facilmente, non riconoscendosi nei normali interessi dei pari età e nei classici ritmi di apprendimento; di conseguenza tendono ad estraniarsi (confusione con l’Autismo) o cercare di intrattenersi diversamente passando da una cosa all’altra (confusione con Iperattività). Dunque ad un alto livello intellettivo non sempre corrisponde una prestazione altrettanto elevata in ambito scolastico.
Non è finita qui, ahimè: l’elevato sviluppo cognitivo non va di pari passo allo sviluppo emotivo, così questo sviluppo disarmonico crea il contesto per un profilo di vulnerabilità ai disturbi internalizzanti, espressi in perfezionismo patologico, alta sensibilità ai conflitti interpersonali con pari e familiari, pressione da parte degli adulti sulla performance, vissuti di inadeguatezza e di incomprensione, assenza di condivisione di interessi con i coetanei e vulnerabilità ad ansia – depressione.
Ecco che parlarne diventa l’unica possibilità di “salvezza”, sensibilizzando familiari e soprattutto insegnanti!
Per la serie, non è tutto oro quel che luccica!


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