L’avessi saputo prima!
- Stefania Fauda
- 9 ott
- Tempo di lettura: 2 min
I campanelli d’allarme che tutti i genitori dovrebbero conoscere.
La nostra società è ancora eccessivamente incentrata sul negativo, insomma sul curare il sintomo e la malattia piuttosto che sulla prevenzione.
Negli ultimi anni sembrano dilagare le diagnosi, di DSA, ADHD, AUTISMO e chi più ne ha più ne metta, generando perplessità non solo tra gli addetti ai lavori (professionisti sanitari e insegnanti), ma anche e soprattutto generando dubbi sull’attendibilità delle diagnosi stesse.
Qui il paradosso, che scredita la necessità di chi ha bisogni speciali per davvero; così quante volte ho sentito dire “Ormai sono tutti DSA” dagli adulti, oppure ”Voglio anche io il foglio” da parte dei ragazzini stessi.
Se è pur vero che tutti questi certificati possono generare confusione, una spiegazione logica c’è: il confine tra difficoltà e disturbo è labile, ma in una società di stimolazioni inefficaci, segnata dalle grandi lacune – scolastiche, affettive, relazionali – derivanti dagli anni del Covid, molte difficoltà hanno semplicemente varcato la soglia, cronicizzandosi.
Ecco allora che lavorare in ottica preventiva risulta fondamentale, per sensibilizzare i genitori circa i campanelli d’allarme che potrebbero definirsi come fattori di rischio circa lo sviluppo di disturbi del neurosviluppo e permettere così interventi tempestivi, che permettano di ridurre la difficoltà sul nascere.
Certo, ogni persona è a sé, ma ecco una carrellata di fattori che irrimediabilmente espongono ad un maggiore rischio (ed occhio, rischio non vuol dire causa effetto):
Complicanze nel parto (parto distocico, d’urgenza, uso della ventosa);
Punteggio di Apgar <7 al 1° minuto;
Nascita pretermine a <35° settimane;
Basso peso alla nascita <1,5 kg;
Una o più anestesie generali prima del 4° anno di vita;
Ritardo nello sviluppo del Linguaggio (<50 parole a 2 anni);
Familiarità in linea diretta (genitori, fratelli, cugini);
Impaccio nei movimenti (scale, lacci delle scarpe);
Uso protratto di antibiotici nei primi anni di vita;
Assenza di sorriso sociale;
Contatto visivo scarso.
Qualora si presentino uno o più fattori di rischio associati, in modo continuativo e non isolato, vi consiglio dunque di rivolgervi ad uno specialista (logopedista, neuropsicomotricista, psicologo).
E vi assicuro che potete fidarvi di una che, mentre era ancora in sala parto con le gambine all’insù, tra dolori lancinanti (i punti non sono un’esperienza piacevole…) ha chiesto all’ostetrica “Mi scusi, qual è il punteggio di Apgar?”.


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